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Andrà tutto bene!

noirestiamoacasa

Immaginiamoci per un attimo, solo un attimo, di trovarci in tempi non molto rosei nei panni di un bambino che impara a conoscere (del resto come tutti noi) la realtà e la pericolosità del coronavirus, in casa famiglia; un bambino che ascolta la notizia del coronavirus che invade la Cina e pensa che non arriverà mai a noi. Poi un giorno scopre che questo virus è arrivato nel Nord-Italia, ma del resto è ancora lontano e forse si fermerà lì. Ma all’improvviso ecco che chiudono la scuola ed emerge un fatto chiaro per tutti: siamo in quarantena.

La Chiocciola si barrica: bloccati gli incontri protetti con la propria famiglia, impossibile uscire a fare un giro in città o giocare nel parco, da un po’ gli operatori mostrano soltanto gli occhi, ma dall’increspatura della mascherina si può percepire il loro sorriso.

Se questa emergenza sanitaria ha sconvolto completamente le vite di tutti, i nostri bambini sono stati costretti a cambiare abitudini, a comprendere la necessità di qualcosa che nessuno di noi avrebbe mai immaginato.

Il processo di consapevolezza di un bambino viene alimentato dapprima dalla curiosità dei fatti e successivamente dalla necessità di concretizzarli. Così gli operatori hanno cercato di soddisfare, per quanto possibile, le risposte alle domande che spontaneamente i bambini hanno esposto in questo periodo: Che cos’è il coronavirus? Che cosa significa stare in quarantena? Se adesso il virus dalla Cina è arrivato nel nord-Italia può arrivare fino a noi? Cosa succede se prendi il virus? Perché non possiamo più vedere le nostre famiglie? Perché voi operatori indossate le mascherine e i guanti? Quando riprenderemo la scuola?

Inutile negare che dietro ognuna di queste domande si nascondeva un misto di timore e preoccupazione non solo per la situazione in sé, ma per la paura che il virus potesse colpire gli affetti più cari, anche i più lontani. Di questo virus ne abbiamo parlato tanto, perché era necessario farlo affinché la consapevolezza venisse in supporto alla paura, abbiamo affrontato la questione anche con i più piccoli cercando un modo per rappresentare al meglio la situazione in maniera adatta. Poi, giorno dopo giorno, i ragazzi hanno realizzato che la chiusura della scuola non vuol dire vacanza, ma che però può essere un’occasione per capire che la videochiamata non è poi così reale, che uno schermo non sostituisce un vero abbraccio, che uniti la paura passa prima. In fondo, in questi giorni abbiamo tutti avuto la possibilità di rispolverare vecchi giochi che ci piacevano tanto e che non abbiamo più avuto il tempo di fare, poiché sommersi dagli impegni scolastici, di fare laboratori e cucinare tutti insieme, di realizzare cartelloni che recitano “#andrà tutto bene” e “#noirestiamoacasa” per ricordarci che tutto quello che alla fine ci serve è un po’ di colore, lo stesso colore che abbiamo messo in ogni lettera dei cartelloni e che poi abbiamo appeso al cancello de La Chiocciola. L’arcobaleno infatti è simbolo di speranza, di rinascita, di conferma che dopo la tempesta, prima o poi, giungerà il sereno.

Noi abbiamo scelto di restare a casa per difendere i più deboli, ma di non cedere al panico e alla disinformazione.

Noi, piccoli e grandi, abbiamo scelto di far prevalere la volontà di divertirci sulla noia, la voglia di stare uniti sull’isolamento dei pensieri, la condivisione delle emozioni sulla remissione, la volontà di ripetere che andrà sempre tutto bene, ma davvero.

#ANDRA’ TUTTO BENE       #NOIRESTIAMOACASA